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Trazione ibrida: possibili architetture del powertrain secondo BorgWarner

Trazione ibrida: possibili architetture del powertrain secondo BorgWarner

Nel presente articolo, tratto dal sito autotecnica.org, viene sinteticamente descritta la classificazione delle possibili architetture di vetture ibride sviluppata da BorgWarner, azienda statunitense leader nello sviluppo di tecnologie relative alla mobilità elettrica e ibrida.

Oltre alle classiche divisioni in MHEV (Mild Hybrid), FHEV (Full Hybrid) e PHEV (Plug-in Hybrid), secondo quanto proposto dall'azienda statunitense BorgWarner è possibile classificare le architetture ibride a seconda dell'ubicazione fisica della/e unità elettriche. In particolare, attraverso tale classificazione viene attribuito per ciascuna tipologia di architettura un numero identificativo (da 0 a 5), all'aumentare del quale cresce la distanza tra motore endotermico e quello elettrico (fino a individuare quest'ultimo all'altezza delle ruote). Di seguito sono riassunte le principali caratteristiche delle singole architetture, individuabili attraverso detto sistema di classificazione:

1. Architettura P0: l'unità elettrica è collegata all'unità ICE (internal combustion engine, ossia il motore a combustione interna), tramite la cinghia dei servizi. Il motore elettrico, il quale funge anche da generatore di corrente, è denominato Belt Starter Generator (BSG). Quest'ultimo consente di ottenere un avvio "soft" del motore, sostituendo dunque il motorino di avviamento, oltre che di recuperare l'energia dissipata in frenata e di fornire una coppia aggiuntiva al veicolo (e-boosting);

2. Architettura P1: il motore elettrico, denominato ISG (Integrated Starter Generator), è collegato direttamente all'albero motore dell'unità ICE. Il vantaggio principale, rispetto alla P0, consiste nella rimozione del collegamento tramite cinghia, consentendo dunque maggiore efficienza e valori di coppia trasmessa. Tuttavia, si hanno costi più elevati e maggiore impatto sull'architettura complessiva del veicolo;

3. Architettura P2: il motore elettrico è posizionato tra l'unità ICE e la trasmissione, a valle della frizione. Pertanto, il motore elettrico può essere disaccoppiato da quello endotermico e provvedere alla motricità del mezzo in autonomia;

4. Architettura P3: diversamente dall'architettura P2, l'unità elettrica è collegata a valle della trasmissione. Anche in tal caso, l'unità elettrica può provvedere in autonomia alla motricità del mezzo;

5. Architettura P4: l'unità elettrica è posizionata in corrispondenza dell'asse opposto a quello sul quale è posizionata l'unità ICE. Ciò consente di ottenere una maggiore motricità elettrica del mezzo, oltre che di realizzare un trazione di tipo integrale;

6. Architettura P5: ancora di scarsa diffusione, prevede il posizionamento dei motori elettrici direttamente sui mozzi delle ruote. Tale architettura presenta il grande vantaggio di consentire di gestire autonomamente accelerazione e frenata di ogni ruota, dunque di poter sviluppare con relativa semplicità logiche di Torque Vectoring e di controllo dell'imbardata, senza l'utilizzo di differenziali. Tuttavia, tale architettura comporta inevitabilmente un aumento delle masse non sospese, con conseguente penalizzazione della tenuta di strada. Anche la gestione degli ingombri relativamente al layout del gruppo ruota presenta rilevanti criticità.

7. Architettura PS (power split): prevede l'integrazione di un motore elettrico e di un generatore direttamente all'interno della trasmissione, non richiedendo dunque modifiche radicali nell'adattamento a veicoli originariamente a trazione termica, ma consentendo comunque di raggiungere, almeno teoricamente, picchi di efficienza fino al 95%.


Di seguito il link dell'articolo completo, tratto dal sito di autotecnica.org.

Di seguito, inoltre, è riportato il link della brochure di BlogWarner, nella quale sono più dettagliatamente illustrate alcune delle componenti principali alla base di tali architetture ibride.
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