Chi si occupa di ricostruzioni avrà affrontato il calcolo delle velocità per urti pressoché frontali, scoprendo come sia difficile ricostruirli con i metodi a ritroso, perché le velocità stimate variano di decine di km/h anche per piccole variazioni degli angoli pre-urto. Ma come mai accade?
Il problema risiede nel "funzionamento" del metodo a ritroso, che lavora in modo "opposto" rispetto a quanto avviene nella realtà. Scopriamo perchè:
- Quando due veicoli collidono, le velocità relative all'urto e le posizioni di impatto determinano l'impulso di collisione, cioè il modulo del Δv e la sua direzione (PDOF);
- Le velocità post-urto dei veicoli (come modulo e direzione) saranno quindi conseguenza delle velocità pre-urto dei veicoli e del Δv che ciascuno di essi sperimenta.
Fatta questa premessa, consideriamo il crash mostrato nell'immagine di copertina e nel video, in cui una Seat Ibizia e una Mitsubishi Galant hanno uno scontro frontale con offset del 30% circa. Al momento della collisione la Seat Ibiza viaggia a 57 km/h mentre la Mitsubishi è in marcia a 54 km/h. Queste velocità e le posizioni all'urto comportano una velocità post-urto di circa 12 km/h per la Seat e di circa 14 km/h per la Mitsubishi, con i veicoli che assumono direzioni quasi ortogonali.
COSA SUCCEDEREBBE RIPETENDO L'ESPERIMENTO VARIANDO DI POCHI GRADI GLI ANGOLI DI ARRIVO ALL'URTO?
Poiché le velocità e le posizioni all'urto rimarrebbero le stesse, a parte una lieve differenza di direzioni, in questo secondo esperimento i Δv rimarrebbero all'incirca gli stessi del primo crash-test. Le velocità post-urto sarebbero invece leggermente diverse, perché figlie di Δv all'incirca uguali ma di velocità all'urto leggermente differenti.
Cosa succede invece nella ricostruzione a ritroso?
Nella ricostruzione a ritroso, vengono innanzitutto fissate le velocità post-urto. Successivamente, i Δv di collisione vengono calcolati in funzione delle direzioni pre-urto impostate e, di conseguenza, si ricavano le velocità pre-urto. Quindi, la ricostruzione a ritroso funziona "alla rovescia" di quanto accade nella realtà, perché nei conti a ritroso sono le velocità post-urto a determinare i Δv e non il viceversa.
E proprio questo è il motivo per cui il metodo entra in crisi quando i veicoli hanno urti con direzioni pressoché frontali.
Supponiamo infatti di aver ricostruito a ritroso il primo crash-test. Mettendo tutti i dati corretti (velocità post-urto e direzioni) non potremo che ottenere le vere velocità pre-urto. Fatta la ricostruzione, vorremmo però vedere come cambiano i conteggi variando di pochi gradi le velocità di arrivo all'urto. Ci aspetteremmo che le velocità pre-urto rimanessero sostanzialmente uguali, perché una semplice variazione di direzione non può modificare più di tanto gli esiti di un sinistro (come visto nel secondo esperimento). Invece, come sappiamo, variando di pochi gradi gli angoli pre-urto le velocità pre-urto cambiano anche di decine di km/h.
Questo accade perché nei conteggi abbiamo modificato le direzioni pre-urto, lasciando però le velocità post-urto invariate. Mentre il secondo crash-test ci ha fatto capire che nella realtà, modificando le direzioni pre-urto, cambiano anche le velocità post-urto. La conseguenza di aver lasciato le velocità post-urto uguali è che il metodo a ritroso, per far quadrare i conti, è costretto a modificare in modo sostanziale i Δv (cosa che nella realtà invece non accadrebbe). Di conseguenza, la notevole variazione dei Δv (nel calcolo) porta a velocità pre-urto molto più alte (o più basse).
Come risolvere il problema? "Semplicemente" (fra virgolette) usando il metodo a ritroso, nel momento in cui si variano le direzioni pre-urto è sempre necessario modificare anche i dati post-urto (piccole variazioni), così che i Δv non cambino (o comunque che varino di poco) e che la PDOF si mantenga.